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Vino e paesaggio. Un mix vincente

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Metti, una sera a degustare … un gruppo di vignaioli, alcuni urbanisti, un paio di sommelier, diversi appassionati di vino … aggiungi che alcuni di questi sono trentini, altri sudtirolesi: ecco combinato il mix di cultura e territorialità che ha reso davvero interessante la degustazione di Gewürztraminer organizzata nell’ambito della mostra fotografica “A nord di Trento, a sud di Bolzano”, ospitata ancora per qualche giorno a Palazzo Roccabruna a Trento. Ne ho parlato qualche settimana fa e vi ho partecipato con molte aspettative. Una degustazione sui generis, infatti, che all’assaggio dei vini cercava di abbinare riflessioni culturali sul paesaggio di quella particolare fascia di territorio regionale che si snoda tra Bolzano e Trento. O meglio, una degustazione che si proponeva di utilizzare il vino come elemento di descrizione e analisi territoriale. Detta così, sembra molto semplice: ma nel concreto, cosa significa? Può davvero il vino diventare un descrittore del territorio dove viene prodotto? E quali fattori contribuiscono a far sì che questo avvenga?
La degustazione ha avuto come protagonista il Gewürztraminer, varietà che in quest’area ha trovato storicamente il suo habitat. Dalle colline di Pressano ai declivi di Termeno, dal conoide del rio Favogna sopra Magrè allo spettacolare terrazzo naturale di Mazzon, questo vitigno si esprime con caratteristiche di grande qualità e riconoscibilità. Il fattore “spazio” ha quindi avuto un ruolo importante, perché tra gli otto vini degustati ho trovato un’ampia rappresentanza di tutto questo territorio. Ma anche il fattore “tempo” non è stato trascurato: dalla più giovane vendemmia 2012 siamo andati indietro negli anni, stagione dopo stagione, fino ad arrivare addirittura al 1996. Un altro fattore non poteva che condizionare il buon esito dell’incontro: il fattore “umano”, quello legato alla saggezza e alla competenza di chi coltiva la vigna e produce il vino. E quindi la presenza in sala dei veri protagonisti del mondo del vino, i vignaioli stessi, ha dato una marcia in più alla degustazione: chi meglio di chi il vino lo fa, può raccontarlo con successo?
Mario Pojer ci ha parlato dunque del 2012 e dei pendii di Faedo; Luca Gasperinatti (Bellaveder) è sceso di un anno e di qualche metro, sulle colline che si affacciano su San Michele; il 2009 ha avuto due voci narranti, Wolfgang Klotz (Tramin) con l’esplosivo Nussbaumer, e Marco Zanoni (Maso Furli) con un Traminer ancora tutto da scoprire; Armin Kobler, bravo vignaiolo e amministratore di Magrè, ha saputo interpretare appieno non solo il millesimo 2008, ma soprattutto lo spirito aperto e interdisciplinare del progetto; Kurt Rottensteiner (Brunnenhof) ci ha permesso di andare ancora più indietro, fino alla vendemmia 2005, e di capire che a Mazzon non si esalta solo il Pinot nero; un salto di qualche anno e scopriamo che il 1996 dei Cesconi è un vino maggiorenne in tutti i sensi, perché ha raggiunto la maggiore età e dimostra quel bel mix di freschezza e maturità che a tutti fa rimpiangere quegli anni. Dulcis in fundo, Ingun Walch di Hofkellerei ci offre Circe, la sua vendemmia tardiva 2003, un concentrato di dolcezza naturale che ci lascia tutti col sorriso sulle labbra.
Senza bisogno di input, il dibattito ha subito integrato il tema del vino e quello del paesaggio rurale, della necessità della sua tutela, del rischio del suo impoverimento, del ruolo dei vari attori pubblici e privati. Missione compiuta … e bravo il Gewürztraminer!


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